New informal museum's room

L'arte per la legalità

DESCRIZIONE

New Informal Museum’s Room è inserito nel progetto “L’Arte per la legalità” realizzato in sinergia tra l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, la Camera di Commercio, la Fondazione Rocco Guglielmo e Confindustria, Catanzaro. Progetto cardine della sezione “Arte e Politica” a cura di Simona Caramia, che si pone l’obiettivo di mostrare come l’arte a partire dagli anni Settanta sia stata utilizzata come strumento di contestazione e di impegno politico. Ma ancor di più, obiettivo è quello di dimostrare cosa sia possibile fare – e come sia possibile avviare il cambiamento – attraverso l’energia e la volontà, per ricordare che ognuno è parte della società e che le scelte del singolo ricadono ed influiscono sulla collettività.

Il progetto con Eugenio Tibaldi prevede attività laboratoriale, con un gruppo di allievi dell’Accademia: durante il workshop sarà realizzato un incontro seminariale aperto alla Città ed a tutti gli interessati. Tutte le fasi laboratoriali saranno documentate sia fotograficamente sia con videoriprese da un gruppo di studenti dell’Accademia. L’esito finale del workshop sarà esposto in mostra presso il chiostro del Complesso Monumentale del San Giovanni.

 

Egenio Tibaldi: New Informal Museum’s Room

Quando sono stato invitato mi è stato detto che sarebbe stato possibile utilizzare il cortile esterno o eventualmente uno spazio all’interno della permanente, in quanto le aree interne del museo erano già tutte impegnate. Allora ho pensato che l’opera più interessante sarebbe compiere un allargamento abusivo del museo all’interno della corte.

L’allargamento abusivo popolare, diffusissimo nel sud Italia, corrisponde alle classiche verande chiuse abusivamente che presentano sul lato esterno la precarietà dei materiali e la brevità del tempo utilizzato per costruirle, ed all’interno la rifinitura con i normali parametri delle altre stanze della casa. Presenti soprattutto nelle aree costiere sono entrate ormai a far parte dei nostri canoni estetici.

Due sono gli elementi chiave di questa ricerca, in un primo luogo si mette in atto una dinamica che è classica dell’abuso e quindi dell’illegalità a scopo personale, ovvero: mi serve una stanza in più e mi allargo chiudendo una terrazza o aggiungendo un volume. Questo tipo di azione può essere dettata dalla nascita di un figlio o anche dal cambio di lavoro o dall’acquisto di una nuova vettura. Allo stesso modo io rispondo ad un’esigenza personale di un ambiente chiuso all’interno del museo per esporre alcuni lavori e lo costruisco abusivamente nel cortile interno. Vorrei realizzare un volume che dall’interno rispetti i canoni museali, ovvero che si insinui nel normale tour del visitatore senza dare troppo nell’occhio e che dall’esterno riveli tutta la crudezza di un intervento fatto in breve tempo e senza alcun tipo di progettazione.

Attraverso questo tipo di intervento innesco anche un secondo livello di riflessione che è sul rapporto diretto fra esigenza e azione, è infatti di poco tempo fa la legge che chi ruba per fame non può essere condannato, allo stesso modo chi chiude un volume per esigenze vere e necessità impellenti non dovrebbe avere lo stesso trattamento? La ricerca artistica rappresenta forse un’ esigenza minore? Da qui si innesca quello che è il ragionamento sulla responsabilità dell’azione e sule ricadute estetiche sul paesaggio stesso.

L’opera inoltre diventa contenitore e contenuto in uno sdoppiamento che qualifica e astrae il corpo aggiunto (in quanto opera) dalle normali dinamiche legali.

L’estetica dissonante fra interno ed esterno sposta e porta la riflessione anche sul piano umano analizzando ciò che da sempre rappresenta un territorio di studio ed indagine da parte degli artisti, ovvero la dicotomia fra esterno ed interno della figura umana, fra ciò che è la nostra facciata pubblica e ciò che invece corrisponde al nostro lato privato e nascosto ai più.

Il secondo elemento chiave della ricerca è di tipo installativo: questo lavoro servirà a contenere un lavoro di documentazione che verrà realizzato sul territorio ed esposto internamente al volume ricavato abusivamente.

Il lavoro che realizzerò all’interno nasce grazie ad una straniante sensazione che ho avuto durante una visita sul territorio di Catanzaro e più esattamente sulla litoranea a nord di Catanzaro. Ricordo di aver percorso per chilometri una strada costellata da architetture precarie ricche di superfetazioni e di finiture spesso inesistenti, ero in compagnia di Guido Tallarico che vedendomi incuriosito da tutte quelle strutture e rispondendo alle mie domande tendeva a scusarsi e giustificare alcune azioni con l’ignoranza e la volontà dei singoli di avere una villetta vicino al mare… in realtà io non vi vedevo nessun disastro estetico nè tantomeno motivi di vergogna poichè sono ormai da anni fermamente convinto che solo in territori come quello di Catanzaro o, ad esempio, delle periferie campane l’estetica può conoscere un’evoluzione. Esiste uno spazio grigio e sporco senza il quale nessun cambiamento è possibile ed è in questi luoghi lontano dai palazzi storici del centro che l’evoluzione viaggia velocemente e si confronta con l’umanità e modifica l’estetica ed è per questo che amo documentarla e cercare in ogni singola anormalità il germe di una nuova possibilità visiva ed anche la possibilità di un’evoluzione alternativa che non viene calata dall’alto ma parte dal basso, dalle esigenze dei singoli e si propone grezza, violenta e generosa senza volontà di storicizzazione, carica di quella fame prepotente che caratterizza i territori del sogno e della disperazione.

Attraverso una divisione territoriale inviterò i ragazzi che decideranno di partecipare al seminario a raccogliere alcune immagini e a spedirmele, di queste immagini farò una selezione di quelle più significative con cui comporrò alcune opere.

Eugenio Tibaldi